Capo di Stato Loredan Gasparini in verticale: il Montello guarda Bordeaux


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Si chiama Capo di Stato ma potrebbe chiamarsi anche “Punto a Capo”. Quello della cantina Loredan Gasparini di Venegazzù, frazione del comune di Volpago del Montello, in provincia di Treviso, è molto più di un vino. È l’affermazione, in forma liquida, della nobiltà del taglio bordolese nella zona vinicola del Montello. La “Maremma del Veneto“, sintetizzerebbero gli amanti dei parallelismi eno-geografici, senza dubbio d’essere smentiti.

Lo dimostra la verticale del Capo di Stato organizzata dal Consorzio Vini Montello a Rossobordò 2022, evento che ha riempito – letteralmente – Palazzo Giacomelli di Treviso, nella giornata di ieri. In degustazione, accompagnati dalla voce narrante dell’enologo Mauro Rasera – padre dal 1987 dei vini targati Loredan Gasparin – le annate 2018, 2012, 2009, 2007, 2005 e 2003.

Un vino che cambia, mutando il resto della storia del Montello. Leggendo l’annata, i tempi (di oltre mezzo secolo) e la burocrazia. Il Capo di Stato è un “Punto a Capo” che trasforma un vino sfuso comune, da tavola, in un vino sul modello Bordeaux, imbottigliato per la prima volta nel 1964, per volere del Conte Loredan Gasparini.

IL VIGNETO DEL MONTELLO, FOTOGRAFIA DI BORDEAUX

Si afferma tra il pubblico e diventa un “Colli Trevigiani Igt”, nel 2003. Nel 2009 è “Doc Montello Colli Asolani”, con la menzione della sottozona “Superiore” di Venegazzù. È qui che ha sede la cantina oggi gestita dalla famiglia Palla (Giancarlo, con i figli Alberto e Lorenzo).

Ma è soprattutto qui che ha sede un vigneto unico per il “Vigneto Italia”, frutto dell’intuizione del padre fondatore. Quel Conte Loredan Gasparini che volle “riprodurre” Bordeaux sul Montello. Mescolando – diranno le indagini ampelografiche compiute in epoca recente – più di 50 cloni di Cabernet Sauvignon a piante di Merlot e Cabernet Franc, cui si aggiunge (ma solo negli anni Sessanta) il Malbec.

Un patrimonio ampelografico immenso, che la famiglia Palla sta preservando grazie a una selezione che ha portato al reimpianto di una selezione ottenuta dai medesimi cloni. «Una fotocopia del vigneto originale – spiega bene l’enologo Mauro Rasera (nella foto, sopra) – che ha preso vita dagli anni Ottanta in poi, suddividendo i nuovi impianti in base al vitigno, al posto di mescolarli in un unico cru, come nel vigneto originale, tuttora produttivo».

CAPO DI STATO LOREDAN GASPARIN IN VERTICALE

Montello Colli Asolani Venegazzù Superiore Capo di Stato 2012
Inverno siccitoso, primavera fresca. È esploso il caldo in estate. L’uva, in questo modo, completa la propria maturazione in maniera repentina e concentrata. Alla vista, il vino si presenta di un bel rubino. Naso dolce, pieno di polpa, di frutto, quasi uno zucchero filato ai frutti di bosco, sferzato da una speziatura elegantissima.

In bocca è fresco, teso, sapido, ricordi di polvere di liquirizia sul frutto, che sembra intinto nell’acqua di mare. Non mancano risvolti balsamici, di mentuccia, che si riverberano anche al palato. Allungo disteso, sulla vena minerale e sulla progressione del frutto, ancora croccante. Vino più che mai godibile oggi, con buona promessa di evoluzione positiva.

Montello Colli Asolani Venegazzù Superiore Capo di Stato 2009

Annata «un po’ più disgraziata» rispetto alla 2012, come la definisce l’enologo di Loredan Gasparin, Mauro Rasera. Più fresca, in definitiva. Fase vegetative più allungate per via delle piovosità frequenti, soprattutto nel corso della primavera inoltrata.

Annata che dà un timbro “caramellizzato”, quasi affumicato, al nettare. Al naso ricorda con estrema precisione l’affumicatura dello speck. Al palato è meno intenso della 2012, ma il frutto è più maturo e concentrato. La spezia è netta in chiusura, su un pepo rifrescante che gioca con la polpa.

Colli Trevigiani Rosso Capo di Stato 2007

Annata un po’ più calda, con anticipo del germogliamento. Proseguo dell’estate con il giusto apporto di caldo e di precipitazioni. Il vino è equilibrato, nella media delle annate. E più raffinato. Centrale il ruolo del frutto, che con gli anni si è evoluto verso una speziatura di pepe.

Una bella fusione tra le due componenti, ma manca un po’ di profondità e di polpa, su tannino e acidità ancora sferzante. Vino che sta decisamente attraversando una fase evolutiva che cambierà: è da attendere, lascerebbe intendere.

Colli Trevigiani Capo di Stato 2005

Il naso più profondo, quasi scuro, della batteria. Liquirizia nera, tabacco, fumo di pipa, cioccolato. Non manca il frutto, ben concentrato, pieno. Marcatore selvatico leggero, avvertito in maniera più vaga nei vini che hanno preceduto in degustazione la 2005 di Capo di Stato.

Tannini dolci, maturi, piuttosto distesi, non ancora arresi alla preponderanza del succo, su cui lavorano divinamente. Annata, e momento storico dell’etichetta, votato alla beva e alla sostanziale eleganza. Con una bella fetta di vita ancora davanti.

Colli Trevigiani Capo di Stato 2003

Una delle annate più calde nella storia di questa etichetta. Molto verde al naso, da vendemmia anticipata, come conferma lo stesso enologo Mauro Rasera. Tannino e fenolico senza più materia da “aggredire” e plasmare, compensare. Vino chiaramente evoluto, giunto all’apice della sua maturazione.

Montello Colli Asolani Venegazzù Superiore Capo di Stato 2018

Vendemmia degustata in anteprima assoluta. Un’annata in cui la cantina Loredan Gasparini ha gestito con l’ombreggiamento la maturazione equilibrata dei grappoli. Vino molto giovane, come nelle attese, che racchiude intensità ed espressione centrata del territorio, nonché della storia senza fine di questa etichetta iconica del Montello che guarda a Bordeaux. Bello soprattutto il gioco tra frutta rossa e nera, con la mora di rovo netta che stuzzica il succo di ciliegia, sferzata da una freschezza imperante e da un tocco selvatico che non guasta.